domenica 14 dicembre 2014

Ottimismo



Lo chiamiamo illuso, utopista, lo insultiamo perfino. E la persona che vede il proverbiale bicchiere mezzo pieno. A volte arriviamo a invidiarlo o a odiarlo. Il suo è un ottimismo sincero oppure di facciata? Si tratta di falsità e ipocrisia? O forse è un privilegiato, risparmiato dalle botte della vita? Gli farebbe bene il classico bagno di realtà, pensiamo, così gli passerebbe quel sorriso idiota.
L'ottimismo di facciata è forse peggiore del pessimismo, entrambi portano al fallimento e il primo ha l'aggravante della falsità.
L'ottimista autentico è una persona abbastanza rara, soprattutto in quest'epoca: afferma che "la crisi è un'opportunità". Ma è davvero così o si tratta di sciocchezze?  Chissà se i fatti gli danno ragione alla fine? Riesce a realizzare qualcosa di meglio rispetto agli altri? C'è chi afferma che il suo tendere continuamente verso un obiettivo elevato o perfino irraggiungibile mette in moto meccanismi tali, in lui e nelle persone che contagia con il suo atteggiamento, che l'impossibile diventa attuabile. C'è chi dice che, comunque vada, pur non raggiungendo l'obiettivo sperato, almeno avrà vissuto meglio, in uno stato d'animo più positivo e produttivo; la sua opera potrebbe essere come un seme che non è germogliato durante la sua vita ma che lo farà chissà quando. Altri dicono  che tutto questo sforzarsi di superare un limite invalicabile in realtà produce solo logorio e consigliano di accettare un sano compromesso o di adottare un atteggiamento rassegnato.
Il confine fra questi due modi di pensare si fa labile quando affrontiamo le sfide della vita e spesso confondiamo speranze ed illusioni. Per evitare questa trappola, che dissipa le nostre energie e diluisce la nostra linfa vitale, dovremmo sforzarci di focalizzarci su qualcosa di degno: degno delle nostre attenzioni e dei nostri sforzi.
Un aspetto secondo me  incontestabile è che queste considerazioni valgono in generale, sia che qualcuno stia progettando un aeroplano (ho appena visto il film "Si alza il vento" di Hayao Miyazaki) sia che stia mettendo su famiglia, per esempio.
Un secondo punto valido è che serve una certa costanza sia per essere ottimisti, sia per essere rassegnati, nel primo caso serve qualcosa in più, incrollabile abnegazione o al limite fede. Questo prescinde dal raggiungimento del successo, anche se qualcuno sostiene che un atteggiamento ottimista, capace di trasformare anche le sconfitte, costituisca una buona caparra per ottenerlo, insieme alla sorte propizia e ad altri presupposti e fattori.
E' altrettanto vero che senza un sano realismo, necessario per fare un'analisi seria del problema e di eventuali (inevitabili?) fallimenti, ogni sforzo è vano o addirittura patetico.
Inoltre è necessario allenamento e pratica per imparare ad essere un "ottimista" autentico, o meglio una persona autentica. Tendere all'obiettivo, senza forse raggiungerlo mai. E' questo il senso della vita, dell'ultimo film di Miyazaki e della citazione che lo apre?


« Le vent se lève!...
il faut tenter de vivre »
(Paul Valéry, Le cimetière marin)

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